Eccellente esperimento elettorale in Spagna. Per una volta la frammentazione del voto tocca alla destra, che paga caro la divisione in tre blocchi antagonisti. A parte le considerazioni politiche, l’esperimento è interessante a livello sociale e antropologico. Nelle ultime decadi, la destra spagnola è stata rappresentata dal Partito Popolare, che attualmente ha un impressionante numero di parlamentari e affiliati in galera o nelle sale d’attesa dei tribunali, condannati per corruzioni di tutte le forme e colori. La prima scissione ci fu con Ciudadanos, un gruppo che, restando di centro-destra, cercava una posizione più moderna, soprattutto togliendosi di dosso tutta questa corruzione dilagante fatta di inciuci, inguacchi, mazzette e tanti cognati. Poi è arrivato il turno di Vox, l’estrema destra, i nostalgici del fascismo e della dittatura, quelli delle schioppette e delle mazzate, razzismo machismo e xenofobia in parti non necessariamente uguali, le radici cattoliche, armi e militari, braccio alzato e il muro pronto a ricevere i dissidenti. Insomma, il Partito Popolare si è spaccato in una sua destra e una sua sinistra, perdendo per la prima volta catastroficamente le elezioni. Prima era una zuppa di soggetti differenti e non sempre compatibili, che semplicemente riuniva tutti sotto l’ascella protettrice di un qualche cognato di passaggio. Prima, sapere che una persona votava il Partito Popolare poteva essere un dato, almeno per certi aspetti, non troppo informativo. Adesso lo è. Quelli che hanno una ideologia conservatrice moderata e non vogliono corruzione o inguacchi votano Ciudadanos. Quelli che vogliono riesumare una dittatura fascista votano Vox. Restano nel Partito Popolare quindi solo due categorie di persone, che però sono relativamente facili da riconoscere. I primi sono i cognati, quelli di sempre, quelli degli inciuci, dei tribunali e degli affari di famiglia. Se continui a votare un partito devastato dalla corruzione a tutte le scale e su tutto il territorio vuol dire che approvi la sua prospettiva, e probabilmente ne sei parte integrante. I secondi sono i nonnetti, i pensionati di una Spagna ancora ampiamente rurale, quella la Spagna fatta di migliaia di paesetti persi nel nulla di un contundente analfabetismo funzionale, dove orde di longevi aspettano la fine dei loro giorni sognando un passato sociale che non esiste più, che li ha lasciati senza contesto e senza un ruolo. Solo possono ripetere i loro rituali quotidiani, un po’ per nostalgia, un po’ perché a questo punto non ci stanno poi capendo molto di quello che sta succedendo là fuori. I rituali automatici e riflessi includono prendere la pillola per la pressione, leggere la gazzetta locale, e votare il Partito Popolare. Sia come sia, il centro destra spagnolo, a questo punto, si è dichiarato. Dimmi che voti, e ti dirò chi sei.
Adesso, un dettaglio curioso e più che significativo, politicamente e antropologicamente, viene dall’identificazione che ognuno fa della sua propria appartenenza. Nei sondaggi precedenti alle elezioni, sembra che il Partito Popolare risulti sempre sottostimato, perché i suoi votanti sono quelli più riluttanti ad affermare che lo votano. I socialisti, gli elettori di Podemos o quelli di Ciudadanos sono in genere orgogliosi di far sapere il loro voto e di identificarsi, mentre quelli del Partito Popolare no. Sembrerebbe quindi che spesso chi vota il Partito Popolare lo fa sapendo che non è proprio ragion d’orgoglio. Per quanto riguarda l’estrema destra, recentemente i suoi rappresentanti hanno chiesto agli altri partiti di destra di chiedere scusa per averli chiamati “estrema destra”. Ovvero, l’estrema destra si vergogna di essere chiamata estrema destra, lo ritiene un’offesa. Di fronte alla fierezza ideologica degli altri elettori, questo imbarazzo dei votanti conservatori al momento di affermare e riconoscere la loro posizione è quantomeno materia interessante per gli psicologi sociali.
E’ chiaro che nella destra spagnola solamente quella di Ciudadanos è una reale posizione politica e in parte ideologica, mentre gli altri partiti sono il risultato di fattori che non hanno niente a che vedere con una strategia di gestione, fattori psicologici e culturali associati al degrado, alla mancanza di prospettive o alle forme più grette di populismo da taverna. Attenzione comunque a non farsi ingannare dalla vittoria della sinistra, perché ci sono almeno tre ragioni che lasciano la situazione ancora tutta da stabilire, al momento di riflettere sul futuro di questo Paese. Innanzi tutto, anche se ha dimezzato le sue percentuali, il Partito Popolare è ancora il secondo partito a livello di elettori, e questo la dice lunga sulla composizione sociale di questa nazione. Quasi un quinto dei cittadini (18%) si considerano ancora ben rappresentati da quel partito che ha le file decimate dalla galera per corruzione e illegalità varie ed eventuali. Secondo, Vox è apparso dal nulla ma ha raccolto un discreto successo, anche (e forse soprattutto) grazie ai soliti giornalisti che, quando il partito era una forza minore, gli dedicavano tutte le attenzioni per mettere il mostro in prima pagina, facendogli una enorme pubblicità gratuita su tutti i mezzi di comunicazione. Risultato, al momento in media una persona su dieci (11%) è apertamente a favore di una strategia filo-fascista. Terzo, il Paese rimane (come sempre e come spesso accade nel resto delle nazioni occidentali) perfettamente diviso a metà, con un 45% della popolazione che vota centro-sinistra e un 45% che vota centro-destra. I partiti non progettano ormai da tempo i loro programmi in base alle loro ideologie e alle loro competenze, ma bensí in funzione di quello che vogliono sentirsi dire i loro potenziali elettori, ovvero i loro clienti. Invece di presentare una strategia determinata per gestire lo sviluppo di una nazione, e lasciare poi agli elettori la decisione di quale strategia avvallare, lo fanno al contrario, chiedendo direttamente agli elettori che strategia vogliono sentirsi proporre, per accaparrarsi il loro voto. Risultato, i grandi partiti si spostano poco a poco verso il centro per rubare elettori all’altro emiciclo, arrivando quasi a sovrapporsi, ma rimanendo sempre e comunque con la metà dei voti. Ovvero, la situazione non cambia a livello elettorale, ma i programmi politici si omogenizzano, e la caccia al votante si sposta dal piano dell’ideologia a quello del marketing. Nel mentre, gli estremi rimangono vuoti, fino a che arriva lo spaccone di turno che arringa il voto periferico con bordate di populismo ormonato e pericolosamente ottuso. Una combinazione perfetta per garantire che prima o poi finisca male.
Tornando alla Spagna e alla sua nuova frammentazione politica, grazie a queste elezioni possiamo anche calcolare, tralasciando il colore di bandiera, una certa proporzione di voto sensato, ovvero dividere tra le posizioni più strettamente ideologiche di riforma politica e quelle invece più vincolate a perturbazioni emozionali, interessi personali, e scarsa capacità di vedute. Se ai partiti dei cognati e a quelli dei picchiatori aggiungiamo infatti gli irredentismi sparsi e troppo spesso ottusi, scopriamo che non ti puoi fidare di almeno un 37% della popolazione. Questa è ovviamente una stima minima, perché non è poi che gli altri siano per forza gente ragionevole, sensata, o intelligente. E’ un calcolo crudo, ma che ti devi fare se vuoi far bagaglio dell’esperienza e tenere in conto certe cautele nelle relazioni personali, a corto o a lungo raggio. Conosci te stesso, ma sopratutto … occhio al tuo vicino! L’industriale arraffone, il bigotto religioso, il puttaniere ingelatinato o il paesano xenofobo c’erano anche prima, anche se erano mimetizzati tutti dietro uno stesso colore. Adesso hanno dovuto rivelarsi, palesandosi, e se in molti casi non ci sono state grandi sorprese, in molti altri invece sí che la cosa ha svelato personalità opportunamente cammuffate dietro i canoni delle convenzioni sociali.
S’ode a destra uno squillo di tromba, ma se ascolti con attenzione ti rendi conto che sono in realtà strumenti distinti, anche molto diversi. Quei dettagli di tono possono fare la differenza, soprattutto quando indicano che qualcuno li sta utilizzando per organizzare le orchestre. Sono ancora squilli di raduno, per riunire e contare le forze. In genere poi, alla prima scusa buona, seguono quelli che incitano alla guerra. E l’essere umano, si sa, è l’unico animale che inciampa più volte, indecorosamente, nella stessa pietra.