David Burnett
10 mercoledì Ago 2016
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in10 mercoledì Ago 2016
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in05 venerdì Ago 2016
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inSiamo una specie infestante, il che vuol dire che apparentemente stiamo avendo un eccezionale successo evolutivo. Siamo gli unici primati che prescindono dalle condizioni intertropicali (a parte i macachi giapponesi che risolvono il problema climatico mettendosi a mollo nelle terme) e uno dei pochi esseri viventi, a parte batteri e scarafaggi, a popolare l’intera geografia delle terre emerse del nostro pianeta. Certo, la qualità del popolamento non è affatto omogenea, soprattutto se consideriamo la distribuzione degli indicatori sociali ed economici. In Europa per esempio siamo abituati a una qualità della vita che, in realtà, non rappresenta altro che una anomalia storica e cronologica: per 150.000 anni e su cinque continenti la nostra specie ha vissuto di stenti, guerre, fame, malattie, e ammazzi quotidiani, e quello che noi Europei chiamiamo “vita” è un’eccezione estremamente circoscritta nel tempo e nello spazio. E, come tutte le eccezioni, è probabilmente destinata ad essere una variazione transitoria, una fluttuazione che prima o poi verrà riportata ai (dolorosi) valori medi della nostra storia demografica.
Tra gli indici più interessanti da mappare sulla cartina del nostro areale zoologico c’è proprio l’omicidio, parametro estremamente utile al momento di dover sintetizzare un valore generale di qualità della vita. Si muore ammazzati di più dove non c’è legge e non c’è cultura, dove le emozioni del sistema limbico dominano l’analisi razionale della corteccia prefrontale, dove la vita vale lo stesso che in qualsiasi altra parte ma questo valore non si sa calcolarlo, dove c’è disperazione e sfruttamento, dove c’è meno capacità di empatia, dove c’è corruzione, dove le risorse sono scarse, dove il futuro si guarda da una finestra più piccola che affaccia su un panorama più ristretto e molto meno luminoso.
Come tutte le statistiche, è un indice generale, che va preso con le pinze, perché il confronto e la comparazione sempre richiedono compromessi e scelte operative. La definizione di “omicidio intenzionale” non è la stessa per tutte le nazioni (in alcuni casi contano l’aborto o l’eutanasia, in altri non contano le guerre e le stragi), senza considerare che, come in tutte le statistiche, i numeri possono soffrire ritocchi e arrotondamenti poco oggettivi per ragioni politiche o istituzionali. Il tasso di omicidi poi non tiene conto dei tentativi falliti per incompetenza dell’assassino o per destrezza della sua vittima. Soprattutto non tiene conto dei tentativi falliti a causa delle buone condizioni del sistema sanitario, fattore che spesso decide se la vittima finisce nella statistica o torna a casa.
Comunque, morto più morto meno, la statistica dell’ammazzo (che in genere si fornisce come numero di casi su 100.000 abitanti) è ottima per dare una idea delle tendenze generali. Secondo la lista delle nazioni per tasso di omicidio intenzionale il primo posto ad oggi spetta all’Honduras, con un tasso di 84,6. Per capirci, l’Italia sta nella posizione 195 con un tasso di 0,8, e la Spagna al posto 202 con un tasso di 0,7. Gli Stati Uniti stanno in posizione 108, con un tasso di 3,9 (ovvero, quasi cinque volte più omicidi che in Italia). Curioso che in Brasile, che detiene fieramente il posto numero 15 della lista internazionale con un tasso di omicidio di 24,6 (più di trenta volte l’Italia!) si stiano preoccupando degli attentati a Rio de Janeiro. Forse è una questione nazionalista, che vuole i brasiliani ammazzati solo da altri brasiliani, e non da squilibrati d’oltreoceano che vengono per di più solo con la scusa di attirare l’attenzione occidentale. O forse sono solo orgogliosi, e non vogliono un aiuto esterno per mantenere il loro record personale di assassinati giornalieri che, con più di 50 mila omicidi annuali, è comunque difficile da migliorare in poche settimane. O forse si tratta solo di geopolitica spicciola da sottomissione coloniale, il malinchismo classico di una società che conta più con i suoi invasori che con se stessa, dove il valore di una vita dipende dal colore del passaporto e la dignità di un individuo dipende dal colore delle banconote che porta in tasca.
Ercole varca i limiti delle sue colonne per mostrare la sua forza al mondo, ma per farlo deve raggiungere una terra dominata dalle Chere. Che non si mischino le statistiche, che poi non si sa come conteggiare un morto di un paese con tasso occidentale quando venga ammazzato in un paese con tasso sudamericano! Le correzioni e i coefficienti di calcolo applicati per ripartire le responsabilità potrebbero affaticare le colazioni di lavoro di politici e affaristi di tutti i generi e di tutte le stazze. I panni sporchi si lavano in casa, e i morti ammazzati che ognuno li seppellisca tra i fiori del proprio giardino. Che vinca il migliore.