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La storia ha i suoi cicli e i suoi percorsi, e qualsiasi analisi deve necessariamente considerare la scala dei processi che sta cercando di valutare. La quotidianità delle guerre e della corruzione, le ipocrisie della religione e gli abusi della politica, le cicatrici dell’ambiente e quelle delle culture perseguitate, non rasserenano le prospettive e le speranze di chi cerca di tirare le somme nell’arco di una esistenza. Però se ampliamo gli orizzonti in genere poi siamo tutti d’accordo nel riconoscere, sul lungo raggio, evidenti segni di miglioramento della nostra qualità della vita. Soprattutto in Europa. La differenza tra il nostro livello di benessere e quello della maggior parte del resto del pianeta è indiscutibile, il risultato è incomparabile. La nostra dilagante e devastante corruzione è quasi trascurabile in confronto a quello che succede negli altri continenti. Il nostro inefficiente sistema sanitario è tra i migliori del mondo. Il nostro fallimentare sistema educativo è ad oggi il più completo. Le nostre disastrose gestioni economiche non arrivano mai a negare i beni essenziali come l’acqua o il diritto alla vita, o per molti lo schermo al plasma e la tessera calcistica. Siamo una manica di rimediati inciucioni intrallazzatori superficiali e ipocriti, ma in qualche secolo siamo riusciti (non so come) ad organizzare l’unico angolo decente di questo pianeta. Jared Diamond ci ricorda che la fortuna può aiutare gli audaci, ma un ambiente propizio è poi quello che può fare la differenza. L’Europa in questo senso è stata sempre zona franca, libera da disastri geologici ricorrenti, terra di buon clima e buon raccolto, sufficientemente autarchica e ben distribuita su spazi comodamente ampli ma mai distanti. Vuoi per merito vuoi per geografia, ma negli ultimi secoli siamo riusciti a creare, poco a poco, con molti compromessi e troppe perdite, una situazione culturale decente, in una società planetaria che di decente vanta davvero troppo poco. E’ chiaro che quando poi le antenne paraboliche portano le immagini del nostro mondo a quelli che ne sono fuori, tutti vogliono salire sul carro per godersi il viaggio. La maggior parte della popolazione mondiale deve rimediarsi la giornata per arrivare al minimo, camminare ore per bere acqua o evitare le pallottole per giocare nel cortile, ed è quindi normale che quando vedono quelle scene di comfort sfrenato, il mondo delle stelle e delle feste, dei cani coi cappottini e dei biscotti profumati, delle famiglie sorridenti beatamente stordite e soddisfatte nella terra promessa del futile, vogliano anche loro quella stessa dose di benestare.
La richiesta è perfettamente consona per due ragioni indiscutibili. Primo, questo pianeta non ha ufficialmente proprietari, e ognuno deve poter essere libero di andare dove vuole. E`un principio base morale (è giusto ed equo), evolutivo (aumenta lo scambio e le opportunità), e sociale (ottimizza le risorse umane). Secondo, una buona parte di questo benessere lo abbiamo faticosamente ottenuto sfruttando senza la minima vergogna altre culture, destinandole al massacro e mantenendole nel degrado per poter noi costruire il nostro angolo di salotto. E`quindi assolutamente lecito che questi popoli vogliano adesso la loro parte, gli spetta di diritto.
Bisogna purtroppo essere realisti: la gestione dei flussi umani, emigrazioni e immigrazioni, è talmente complessa che difficilmente potrà essere controllata da società che non riescono a gestire problemi incredibilmente più semplici. Come sappiamo ormai da innumerevoli esempi storici, la nostra specie è solo capace di reagire emozionalmente, barricandosi dietro agli eccessi del tutto o nulla: in questo caso sbarrare il passo all’estraneo oppure aprire i cancelli e lasciare il tutto al fato. Scelte intermedie, che prevedono una promozione dell’immigrazione e allo stesso tempo un controllo rigoroso delle sue dinamiche, sembrerebbe che non siano prese in considerazione. Incapacità amministrative, incultura profonda, istinti trogloditi e interessi illegali rendono qualsiasi approccio sensato e ragionevole semplicemente improbabile e impraticabile. Come tutte le forze, anche quella migratoria andrebbe canalizzata, per riuscire ad utilizzare la sua energia e impedire che, fuori controllo, rompa gli argini distruggendo i raccolti di un secolo.
Adesso, il fatto che il diritto di emigrazione sia sacrosanto non deve essere confuso con il diritto di andare a spargere per il mondo prospettive nefaste. Non può essere accettabile, né a livello morale né a livello gestionale, che l’immigrazione importi quei modelli culturali che hanno generato la devastazione e lo sterminio nelle terre d’origine. A livello morale è evidente che se un modello culturale ha avuto conseguenze drammatiche non può essere tollerato, e meno che meno promosso, a livello istituzionale. A livello gestionale, è evidente che se un modello culturale ha fallito cento volte, statisticamente è meglio non puntarci sopra. Questo è valido per qualsiasi aspetto culturale, ma è chiaro che l’esempio più scontato è la religione. Ci sono voluti secoli, tra morti e torturati, per riuscire a rendere la società europea più libera dalle follie ipocrite e corrotte della religione cattolica, come per accettare adesso di dover cominciare ad integrare, nel nome del diritto alle differenze, gli estremismi folli, insensati, e fallimentari di altre religioni. Abbiamo tutti gli stessi diritti, ma questo non vuol dire che tutte le scelte siano ugualmente legittime.
Europa, ben irrigata e di ampio sguardo, ambita e violata dagli Dei. Se consideriamo la storia dell’umanità, è probabile che non sia un traguardo, ma una eccezione. E le eccezioni durano quel che durano, con tutto quello che hanno ancora da vincere, e tutto quello che gli resta ancora da perdere.