Investigación y Ciencia era la versione spagnola di Scientific American, come Le Scienze in Italia. Per quasi mezzo secolo (era stata fondata nel 1976) è stata la principale rivista di divulgazione scientifica in spagnolo, ovvero nella seconda madrelingua più parlata al mondo. La multinazionale della editoria scientifica Springer Nature l’ha comprata qualche mese fa. E poi l’ha chiusa. Fuori. Non c’è più. File not found. Mezzo secolo di cultura cancellato di botto, con un click. Questo succede quando si fa mercato con la scienza. Questo succede quando si fanno affari con la scienza. La scienza come prodotto low-cost. La scienza fast-food. Bassi costi e cattiva qualità. Bulimia culturale e anoressia mentale. Io scrivevo, nella rivista, una sezione personale, da quasi dieci anni. Ad oggi, un totale di 47 articoli on-line, su antropologia e neuroscienza, su mente e cervello, su scienza e società. Spariti di botto. ¡Adiós! Oblio, con poco preavviso e senza nessun dialogo. Uno degli articoli descriveva come la scienza-mercato sta generando una pericolosa bolla economica monetarizzando la ricerca, prostituendo le riviste, trasformando autori e lettori in clienti. L’editoria scientifica si basa sempre di più su economia di scala, scarsa professionalità, movimento di denaro, interessi poco chiari, risorse usa-e-getta, prodotti di massa, filtri sociali, pochi scrupoli, e operazioni di marketing visuale. Lo spettacolo deve continuare. Un nuovo circo, stavolta in nome della scienza e del sapere. L’articolo in questione non è più disponibile. Come ormai non lo sono più nemmeno gli altri 46.
Investigación y Ciencia
19 domenica Feb 2023
Mi dispiace molto per quanto accaduto. Tutto è mercificato e monetizzato; niente e nessuno è esente dall’attuale logica di mercato. Mi viene in mente l’adagio attribuito a Toro Seduto: “Quando avranno inquinato l’ultimo fiume, abbattuto l’ultimo albero, preso l’ultimo bisonte, pescato l’ultimo pesce, solo allora si accorgeranno di non poter mangiare il denaro accumulato nelle loro banche.” Purtroppo, pensiamo sempre che, siccome l’essere umano è stato capace di grandi imprese, ci siamo meritati la posizione più alta su di un immaginario podio della Natura. A mio avviso siamo solo parte di un sistema che in un modo o nell’altro saprà un giorno fare a meno di noi.
Il tuo articolo mi fa però riflettere anche su un altro aspetto: io adoro i testi cartacei, ma per comodità, sia pratica sia economica, ormai prediligo gli ebook ogni volta che posso. Lo faccio anche per una questione ambientale. Ma nel momento in cui tutto viene digitalizzato, basta un evento come quello da te descritto ed in un batter d’occhio si perde un mondo di sapere, frutto di ore di lavoro… personalmente sono per le licenze creative commons. Più condivisione, maggiore diffusione di conoscenza, minor rischio che vada tutto perduto…
Mi dispiace, la economia ci vuole sempre più ignoranti.
Si, questo è un esempio su più fronti … la degradazione della cultura a prodotto dell’ozio … la scienza-mercato … il circo … i monopoli e le multinazionali … Ma preoccupa seriamente anche la “impermanenza” di internet … Tutto il sapere in server lontani … lontani e privati … basta un click e sparisce la nostra memoria esterna … Alzheimer collettivo e digitale … Ed è un ostracismo assoluto: nel mondo della bulimia informativa e della anoressia attenzionale, quando un pezzo di internet sparisce i flutti virtuali lo colmano subito. Ed è come se non fosse mai esistito …
Vi invito a leggere due vecchi post proprio su questi temi:
L’inchiostro invisibile
Paperware